SALVINI: E’ QUESTA LA PACCHIA?

Ho letto un fatto che non è unico: in 35 (donne e uomini) raccoglievano, come tanti, agrumi ed ortaggi nelle campagne di Ginosa per una intera giornata, pagati con assegno, erano costretti a restituire il denaro, mantenendo solo un euro per ogni ora lavorata, dormivano in un capannone con fatiscenti servizi igienici: una pacchia !

Ad effettuare la denuncia è stata la CGIL/FLAI, a cui si erano rivolti alcune di queste coraggiose persone immigrate.

L’accertamento è stato fatto dai Carabinieri e dal Nucleo anticaporalato dell’Ispettorato del lavoro di Taranto.

I reati accertati e contestati: intermediazione illegale di manodopera, sfruttamento aggravato del lavoro, estorsione, lesioni personali, tentata violenza privata in concorso.

Accertata, anche, una evasione contributiva di quasi 4 milioni ed elevata una multa di 400 mila euro per violazione delle norme di prevenzione e di sicurezza sul lavoro.

La Magistratura di Taranto ha condannato Francesco Sabato (italiano) titolare dell’azienda agricola a 4 anni e 4 mesi di reclusione ed il rumeno Andrea Paduraru, caporale e braccio destro dell’imprenditore a 3 anni e 5 mesi.

Vale la pena sottolineare che senza le lotte di tutta la CGIL ed, in particolare, della FLAI, dalla FILLEA e dalla FILCAMS per la conquista della legge contro il caporalato, oggi tanti comportamenti padronali non sarebbero perseguibili penalmente.

Anche nelle nostre campagne ci sono forme di schiavismo nei confronti degli immigrati e non solo, vedi edilizia, in tutta la fascia dei lavori poveri nei settori della ristorazione, dell’alberghiero e delle pulizie.

Persino  nostre famiglie hanno a che fare con gli immigrati, regolari e non, con  offerte in nero di locali inabitabili in affitto e lavoro di badante, ovviamente sotto pagato e poi applaudono Salvini.

Dovremmo farci tutti un esame di coscienza e sostenere il diritto di chi nasce in Italia di essere italiano: oltre 60 milioni di italiani sono emigrati e sono diventati cittadini del Paese che hanno raggiunto e dove sono nati  e si sono integrati i loro figli.

Ricordiamoci quanti nostri figli, parenti e amici continuano ancora a lasciare l’Italia per altri Paesi.

Non si tratta di buonismo, ma di coscienza e di solidarietà per chi scappa dalla fame, dalla sete, dalle guerre civili, dai campi di concentramento: di quelli  tedeschi non avevamo conoscenza.

Di quelli che ci sono in Libia, invece, grazie ai servizi televisivi, sappiamo tutto e la comunità politica e civile  europea non può fare finta che non ci siano.

Anzi, Salvini li vuole deportare, come fecero i fascisti, dopo avere emanato le leggi razziali e l’entrata in guerra accanto ai nazisti,  quelli che sono riusciti a scappare o a comprarne l’uscita.

Il problema dell’accoglienza è molto complesso e non può essere affrontato con poche righe, ma, almeno dentro la CGIL, almeno nelle nostre camere del lavoro abbiamo il dovere di parlarne, di non avere paura di parlarne, sapendo che c’è, pure dentro di noi, chi, pieno di rabbia crede che la colpa della crisi che da undici anni sconvolge il mondo e l’assenza di lavoro dei figli dipenda dalla concorrenza del migrante quando la storia ci ha insegnato che non ha colpa l’emigrato.

Tutti sappiamo che la crisi è partita da wall street, dal fallimento della  americana Lehman Broters, dalla bolla dei mutui casa suprime, dalla vendita di titoli tossici e dal conseguente fallimento di alcune banche italiane e dalla politica di austerità imposta dalla Germania all’Unione Europea: altro che colpa degli immigrati.

Agrigento, 29 marzo 2019                                                                Piero Mangione