Si è svolto la settimana passata l’Attivo Unitario Nazionale dei quadri e dei delegati CGIL, CISL, UIL a Roma, da dove è uscito confermato l’impegno generale per il rilancio della fase due della trattativa con il Governo sulla questione previdenziale.
Il sindacato punta al raggiungimento di una intesa che possa trovare spazio nella legge di stabilità 2018.
La piattaforma è nota e riguarda i tempi di uscita dal mercato del lavoro, le modalità, i contenuti finanziari per i lavoratori anziani, colpiti dalla iniqua legge Fornero e dall’aumento delle aspettative di vita.
Ma, anche, rispetto ai giovani, vittime del ritardato ingresso al lavoro, tra l’altro, precario discontinuo, povero salarialmente e contributivamente su cui il sindacato è attestato sulla concretizzazione di una pensione di garanzia, ripristinando, di fatto, il diritto ad una pensione minima garantita dalla fiscalità generale.
C’è stato, poi, un incontro dei Segretari Generali Confederali con il Ministro del lavoro Poletti, Martina e Nannicini, rispettivamente vice Segretario e Responsabile del Dipartimento lavoro del Partito Democratico, su richiesta di questi ultimi.
Come sappiamo le posizioni sono molto distanti, in ragione delle politiche del lavoro e sociali praticate dal Governo, ivi compresa la “farsa” sui vaucher.
Tuttavia, il fatto che il PD si apra ad una discussione con le Confederazioni è un fatto che va salutato positivamente, ma va preso con le “pinze”.
La questione dell’equità del sistema previdenziale, dell’età di lavoro sino a 67 anni, il problema del rafforzamento finanziario e della revisione dei criteri per la erogazione dell’APE Sociale, sono aspetti che non possono essere liquidati con superficialità.
Così come la problematica della pensione contributiva minima di 650 euro mensili per chi avrà accumulato 20 anni di contributi alla data del gennaio 2030, buttata sul tavolo dai Rappresentanti del PD merita un approfondimento ed alcune considerazioni.
Il sindacato intende sanare, al più presto, quella disparità di trattamento determinata dalla legge Dini del 1996, che estendeva il trattamento minimo ai lavoratori che iniziavano a lavorare dal primo gennaio 96.
Soltanto dopo la legge Fornero si è posto in evidenza la sfasatura del trattamento pensionistico tra cittadini, in quanto il sistema contributivo dal 2012 ha evidenziato la fragilità del sistema a sfavore dei giovani destinati ad un futuro che non sarà da pensionati ma da “poveri”: cosa inaccettabile !
E’ del tutto evidente che in capo a tutte le problematiche sta il fatto che senza investimenti pubblici, capaci di trainare quelli privati, l’occupazione non cresce e gli sgravi fiscali e le decontribuzioni non ce la fanno, anzi, svincolati da impegni specifici su nuova occupazione, rischiano di fare più male che bene.
Rispetto alle esternazioni del Presidente dell’INPS, è presente la richiesta delle Confederazioni al Governo di una riforma della gestione del super Istituto previdenziale e degli altri minori, ancora in vita, affinché si concretizzi un livello di effettivo esercizio delle funzioni, di indirizzo e possibilità di controllo che impedisca a Boeri di continuare con le sue “sparate” su questioni delicatissime che riguardano la vita di milioni di persone e che devono trovare il punto di sintesi e di equilibrio politico, sociale ed amministrativo.
E’ evidente che il tutto troverà spazio alla ripresa autunnale e speriamo che una intesa si possa determinare sulle questioni aperte: diversamente torneremo alla lotta.