IN GIRO DEL MONDO IN 6 MILIONI DI ANNI….

IL GIRO DEL MONDO IN SEI MILIONI DI ANNI  è’ il titolo di un libro, che mi permetto di consigliare e di leggere, scritto dal professore di genetica Guido Barbujani e da Andrea Brunelli, dottorando di ricerca biologica evoluzionistica, entrambi dell’Università di Ferrara.

I due saggisti intendono diffondere quello che la scienza sa ed ha svelato e di cui nessuno parla e cioè che le razze umane non esistono.

Essi riprendono una pubblicazione , tra le tante, dell’andropologo Frank Livingstone che nel 1962 ha pubblicato un saggio in cui ha scritto la non esistenza delle razze umane: “ ci sono solo delle sfumature in quanto ognuno di noi ha in comune con qualunque altra persona sulla terra il 99% del suo dna “.

Riaffermano nel libro che classificare gli uomini è impossibile e che anche i tratti tipici di un territorio sono, in realtà, frutto di fenomeni migratori.

E, poi, spiegano che cento mila anni fa un gruppo di abitanti, nativi nel continente nero, è uscito dall’Africa ed ha colonizzato la terra conosciuta, quindi, ad origine, eravamo tutti figli di un’unica terra cioè  quella africana!

La pelle bianca, ci raccontano, fu portata in Europa da altri gruppi di  migranti provenienti dal “medio oriente” e dal nord della Russia, infatti, scrivono, se sette/otto mila anni fa questi migranti fossero stati bloccati, oggi in Europa saremmo tutti quanti di pelle scura.

Le migrazioni, che tanto preoccupano, oggi,  tante persone non sono altro che la prosecuzione di una storia cominciata sei milioni di anni fa quando si concretizzò la prima migrazione africana: è da li che tutto è cominciato.

Il termine razza, ci spiegano nel libro, deriva  da una parola francese ”haraz” e si riferiva ai discendenti di uno stesso stallone e, quindi, si usava in ambito equino  poi è passato a indicare un gruppo di altri animali, di piante, di persone che si assomigliavano tra loro.

Nell’uomo, spiega la scienza, i gruppi non possono distinguersi a livello biologico, anche se dal  700 in poi sono stati proposti dagli uomini di scienza  tantissimi cataloghi alla umanità.

Eppure non ci  sono state due catalogazioni che indicassero lo stesso  numero di razze e le stesse definizioni.

Difatti, la stessa persona, se classificata dal punto di vista della pelle, oggi, finisce in una razza, se si applica il test del dna finisce in un’altra  e guardando al gruppo sanguigno viene catalogato   in una  ulteriore terza razza.

Gli scienziati che hanno firmato il “manifesto della razza italiana”, che aprì la strada alla promulgazione delle leggi razziali fasciste, non sapevano quello che dicevano e per capire che erano dei pessimi scienziati (scrivono i due saggisti) basta leggere quel manifesto: in esso dopo avere scritto che le razze esistono, quando hanno definito la razza italiana hanno dato quattro definizioni diverse in quattro righe diverse.

Secondo loro eravamo ariani, quindi appartenenti ad un gruppo, poi mediterranei e nell’ultima riga europei: un pasticcio indecente.

Erano scienziati che hanno scritto e firmato quel documento solo per compiacere Benito Mussolini. Sappiamo amaramente a cosa è servita  in Italia l’affermazione della razza,  la convergenza con la Germania nazista e con la soluzione finale ed il genocidio degli ebrei in tutta Europa.

Oggi  sentiamo riparlare di “ razza italiana” come ha fatto l’esponente del PD Patrizia Prestitipino questa estate scorsa o di “razza bianca”.

Un concetto quest’ultimo espresso da Attilio Fontana, candidato del centrodestra alla regione Lombardia, solo alcune settimane fa.

Oggi la scienza ci aiuta nel sapere  che gli europei, sino a sette mila anni fa non avevano la pelle bianca, ma scura e occhi azzurri e che la pelle chiara è arrivata coi migranti dalla Russia e dal medio oriente, con la “contaminazione” delle genti.

Oggi la questione razziale è al centro delle strumentalizzazioni politiche  che sfruttano le paure sempre esistenti nei confronti di chi viene da un’altra parte del mondo, se non, addirittura dal sud d’Italia,  del diverso, anche se uguale,  generando e promuovendo lo stato d’animo di chi oltre la paura ha bisogno   di un “nemico da odiare”.

Che, poi, ci siano tanti problemi connessi all’accoglienza, ai fenomeni diffusi di schiavismo e di sfruttamento,  di criminalità importata che si sposa facilmente con quella delle mafie locali, come ci raccontano le cronache quotidiane, è un altro fatto che attiene alle politiche nazionali ed europee, per restare nel vecchio continente.