Statalizzati e fregati! Gli ex Co.co.co della Scuola della FLC CGIL non ci stanno! Sit in in Prefettura

Oggi i  lavoratori ex co.co.co. statalizzati dal 01/09/2018, impegnati nelle scuole della provincia di Agrigento, nei profili di Assistente Amministrativo e Assistente Tecnico hanno protestato con un SIT IN davanti la Prefettura di Agrigento ed hanno poi incontrato il Prefetto cui hanno sottoposto la loro situazione.

La delegazione di lavoratori era guidata da Gaetano BONVISSUTO, Segretario della FLC Agrigento e da Rino RUIZ che, storicamente, ha sempre seguito, prima con il NIDIL CGIL ed ora con la FLC CGIL il settore.

Al Prefetto hanno indirizzato una lunghissima nota che sintetizza i problemi che vivono questi lavoratori:

“La Legge 27 dicembre 2017 n. 205 (Legge di Bilancio 2018) ha previsto che

 “ Al fine di assicurare la regolare prosecuzione del servizio scolastico, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca indice entro il 28 febbraio 2018 una procedura selettiva per titoli e colloqui finalizzata all’immissione in ruolo, a decorrere dall’anno scolastico 2018/2019
del personale che alla data di entrata in vigore della presente legge è titolare di contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati con le istituzioni scolastiche …omissis”

Dispone inoltre che “i vincitori saranno assunti anche a tempo parziale nei limiti di una maggiore spesa personale, pari a 5,402 milioni di euro nel 2018 e a 16,204 milioni di euro a decorrere dall’anno 2019…omissis”

A seguito di tale disposizione di legge gli scriventi lavoratori precari da un ventennio, che nelle scuole hanno svolto a tutti gli effetti il lavoro di assistente amministrativo e tecnico ma con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, stipulati con i Dirigenti Scolastici, hanno vissuto una condizione discriminante rispetto ai colleghi assunti con contratto a tempo indeterminato. Infatti non hanno mai percepito la tredicesima mensilità, non hanno avuto
accesso al fondo d’istituto per cui niente straordinari retribuiti, niente intensificazione, non hanno svolto alcun ruolo nei progetti PON o d’istituto, per non parlare del calcolo dei contributi versati ai fini pensionistici.
Dal primo settembre 2018, con la tanto agognata immissione nei ruoli della pubblica amministrazione la condizione lavorativa, che doveva provocare un miglioramento della situazione in generale dei lavoratori, è invece peggiorata terribilmente.

Le risorse previste per la stabilizzazione non sono state utilizzate per intero, ciò ha condotto alla stipula di contratti part time, ma al 50% delle ore lavorative, con il consequenziale dimezzamento dello stipendio, il cui importo a settembre e’ stato pari a 677 euro circa.

Si vuole precisare che il CCNL prevede che i vincitori di un concorso pubblico per titoli ed esami (come nel caso degli scriventi) hanno diritto al trattamento giuridico ed economico del profilo di appartenenza, per cui la drastica riduzione delle ore lavorative sembra rappresentare una violazione delle norme.
I sottoscritti hanno dovuto sottoscrivere un contratto ad orario dimezzato (non avrebbero potuto fare altrimenti) che si è rivelato un contratto “cappio”, che li ha riportati ad una condizione di precariato peggiore della precedente; hanno, poiché “contraenti deboli” sottoscritto quel contratto, sulla base della prospettiva che prevedeva l’utilizzo di tutte le risorse economiche sopra citate.
Invece la beffa, le ore lavorative non sono state ridotte ma dimezzate con la conseguente diminuzione dello stipendio.

Questa è una situazione assolutamente anomala, è inconcepibile che dopo anni precariato si venga trattati in termini numerici e non in quanto persone con famiglie, impegni e responsabilità. Il contratto a tempo indeterminato non ha prodotto i risultati che si volevano raggiungere dopo anni di lotte e di sacrifici.

Anzi ha comportato incertezza, gli stipendi corrisposti non tutelano i lavoratori, anzi sono causa di ansia e preoccupazione per il futuro.

La legge prevede espressamente il cosiddetto divieto di “reformatio in pejus”- art. 202 del Testo Unico n.3/57 che garantisce, nel caso di passaggio di carriera presso la stessa o altra amministrazione, il mantenimento del superiore trattamento retributivo già percepito, attraverso l’attribuzione, dapprima, di un assegno personale pari alla differenza con il nuovo
stipendio e poi all’aumento progressivo. Fa inoltre espresso divieto di determinare un regresso nel trattamento economico. Numerose le sentenze in tal senso, per citare le più significative: TAR Lazio Sentenza n. 3492/2004-Cass. Civile n. 10145/2018.

La norma
intende tutelare il lavoratore, affinchè il c.d. “cambiamento” non si tramuti in “peggioramento” sostanziale del trattamento economico su cui, invece, il lavoratore deve legittimamente riporre affidamento.
Ci si chiede allora come mai gli scriventi stiano vivendo una vicenda così drammatica.

Le risorse previste per la stabilizzazione dovevano e posso essere ripartite in maniera adeguata per assicurare dignità ai lavoratori, la previsione della riduzione al 50% delle ore lavorative non ha certamente tenuto conto delle tragiche conseguenze sulle famiglie.
L’azione dello Stato dovrebbe mirare al superamento della povertà, dovrebbe porsi contro lo sfruttamento e dovrebbe favorire la crescita e lo sviluppo del lavoro affinchè possa dare dignità ai lavoratori e consentire loro di provvedere ai bisogni propri e della propria famiglia. stipendi percepiti non saranno in grado di provvedere a nessun bisogno, neanche primario, proprio o della famiglia.
E’ palese la violazione dell’art. 3 della Costituzione.
C’è dell’altro, la parità con i colleghi già di ruolo non si è raggiunta.

La presenza a scuola per 18 ore non consente di svolgere pienamente e con serenità il proprio lavoro, che va a gravare sui colleghi.

Ciò spesso è causa tensioni e malcontento e certamente non giova al buon andamento del servizio delle segreterie scolastiche.

Per quanto sopra rappresentato gli scriventi chiedono agli organi in indirizzo, per quanto di competenza.

  1. di adottare ogni azione e provvedimento che possa sistemare la situazione e ridare dignità e certezza agli scriventi;

  2. di provvedere nel più breve tempo possibile ad aumentare le ore lavorative e integrare il salario, o altrimenti corrispondere un assegno ad personam che sia pari o quantomeno si avvicini alla differenza fra la retribuzione in godimento in qualità di co.co.co. e quella spettante nella nuova posizione;

  3. di provvedere con apposito provvedimento alla trasformazione del tipo di contratto da da part time a full time.

In assenza di riscontro alla presente gli scriventi si vedranno costretti ad intraprendere ogni azione che possa tutelare i loro diritti.