Al Ministero degli Interni
Al Prefetto di Agrigento
Alla Deputazione Nazionale
LORO SEDI
Questa Organizzazione si è occupata diverse volte della “vicenda Cutrò” perché abbiamo sempre ritenuto che meriti attenzione e sostegno chi, concretamente, ha dato un contributo allo scardinamento delle organizzazioni criminali delle nostre zone.
Torniamo ad occuparcene perché riteniamo, alla luce di alcune novità, particolarmente grave il fatto che allo stesso sia senza un livello di protezione adeguato ai rischi che corre.
Continuiamo a ritenere incomprensibile come sia stato possibile questo dopo la famosa interecettazione ( “Appena lo Stato si stanca… che gli toglie la scorta poi vedi che poi…”. Era questo uno dei passaggi dell’intercettazione del 6 febbraio 2014 tra Giuseppe Nugara, ritenuto a capo della famiglia di San Biagio Platani, ed un allevatore del posto, riferito al testimone di giustizia Ignazio Cutrò).
Oggi Cutrò è senza scorta, e da tempo porta avanti una battaglia affinché tutta la sua famiglia torni ad essere protetta e non solo la sua persona.
Nel frattempo apprendiamo che “ il capomafia di San Biagio Platani Giuseppe Nugara, cioè la persona che intercettata dai carabinieri nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta ‘Mafia della Montagna’, risulta essere destinatario in carcere della misura speciale del 41 bis insieme ad altri esponenti di spicco della mafia agrigentina fra i quali Giuseppe Spoto reggente della famiglia mafiosa di Bivona. Il Ministro di Grazia e Giustizia ritiene che queste persone siano pericolosissime e pertanto ha disposto per loro il regime del carcere duro”.
Si tratta di fatti che, a nostro giudizio, debbono indurre a rivedere la decisione assunta e a ripristinare un adeguato livello di protezione e sicurezza a Cutrò ed alla sua Famiglia.
Ignazio Cutrò, peraltro, non si è limitato ad essere un “testimone di giustizia” ma, da quel momento, ha intrapreso una battaglia culturale e civile che lo vede presente nel territorio a dare coraggio e ad esortare altri Imprenditori e Commercianti ad intraprendere la via della collaborazione e della denuncia.
Anche per questo sarebbe un bel segnale vedere che uno Stato che non dimentica ma anzi difende e valorizza le scelte di chi decide di non soccombere alla violenza mafiosa.