N.B. Il testo integrale ed originale dell’intervista a cura del Giornalista Diego Romeo, è contenuta nel Giornale GRANDANGOLO, anno XV – numero 11 – SABATO 14 MARZO 2020, di cui si ringrazia la Redazione, qui di seguito si riporta un estratto della medesima intervista.
Il senso di questa intervista ad Buscemi, segretario Cgil Agrigento (che
tiene in bella mostra nella sua stanza
una pagina di Grandangolo a lui dedicata),
è senz’altro dedicata al cambiamento
imposto, senza aut-aut dal coronavirus.
C’è chi sognava il Sol dell’Avvenire, chi
evocava l’Anticristo, chi preparava la
terza o quarta via politica, chi emanava
leggi para razziali ed ecco invece un volgarissimo
virus che ci mette tutti in riga,
anzi al muro, per una immediata fucilazione
civile. Davvero una beffa per le
nostre presuntuose democrazie.
“Credo che di questa necessità bisogna fare virtù. Dobbiamo avere
l’intelligenza di comprendere che occorre guardare oltre il quotidiano
altrimenti rischiamo come sistema paese, moltissimo. Un esempio
semplice. Da tanti anni, troppi, oggi registriamo come tutti scoprono,
il servizio sanitario nazionale che deve esse l’eccellenza, che
deve essere omogeneo, che deve essere universale. Però da vent’anni
che noi denunciamo il taglio sistematico, anno dopo anno, delle
risorse economiche e quelle anche del personale, tutti se ne sono
strafregati. E ora c’è la rincorsa al medico in pensione, al ragazzo
che si sta laureando, quando da vent’anni hanno fatto finta di non
vedere. Un’altra cosa, un manager non può essere vantato se fa dei
tagli nella sanità. Qui in Sicilia abbiamo ancora una scheda di valutazione
dei manager che vengono premiati se fanno economia. E’
aberrante, perché questo significa tagliare posti letto e posti di
emergenza che abbiamo se non in misura ridicola e più ancora ad
Agrigento. Solo tre anni fa abbiamo avuto un manager premiato perché
ha fatto economia per otto milioni di euro. Allora, un conto è
un’amministrazione sana dal punto di vista economico e noi lo premiamo
perchè si risparmiano i soldi. E così da vent’anni noi abbiamo
carenza enorme di personale”.
A proposito di Sanità agrigentina, non è un segreto neanche per
le non segrete stanze che Sanità ed Anas sono l’ideale bancomat
della politica, sia quella spicciola che media. Quella alta manco
a pensarci. Questo bancomat che fa girare il mondo molto più
del sesso dovrà tendere a un cambiamento?
“Devono cambiare, i cittadini li obbligheranno a cambiare, saranno
messi con le spalle al muro. Lei ha una esperienza tale che ricorderà
facilmente come tante iniziative ad Agrigento non si sono più
fatte perché non avevano riscontro nella gente. A un certo punto c’è
stata persino un po’ di paura ad organizzare manifestazioni per il
rischio fallimento. Orbene il 25 gennaio scorso abbiamo messo in
campo organizzazioni confederali sindacali, Cgil, Cisl e Uil con la
Chiesa , con 43 sindaci, con tutte le associazioni culturali, di categoria,
datoriali, tutti insieme e abbiamo portato in piazza, senza faticare
tanto più di quattromila cittadini a dire basta in nome della disoccupazione
e contro la morte del territorio. Notizia di ieri, dopo tre
anni un semaforo che regolamenta l’accesso per il bivio di Sutera a
Casteltermini, finalmente dopo quella marcia Anas, assessorato
regionale, comune di Casteltermini e di Campofranco hanno trovato
l’intesa per realizzare questo progetto e mandarlo per il parere
preventivo al Ministero. Tre anni di attese. E oggi in poco più di un
mese c’è la realizzazione. Devono cambiare così come per la sanità.
Se la politica non si rende conto che i cittadini quando arrivano
allo stato di esasperazione in cui oggi si trovano, o i politici danno
una risposta o i cittadini se la prenderanno con qualunque mezzo”.
Andiamo un po’ al dettaglio della nostra politica agrigentina.
Non è una leggenda metropolitano che la Sanità agrigentina cresce
all’ombra del deputato Di Mauro, di Forza Italia e altre
minoranze che fanno e disfanno. Recentemente ho sentito malcontento
per qualche designazione che si è fatta e con conseguenti
ricorsi legali. Designazioni si spera sempre per merito
anche se poi vai a scoprire che i nomi appartengono alla solita
compagnia di giro. Per quanto tempo ancora si dovrà puntare su
certi nomi?
“Io non so se la sanità è in mano a questo deputato piuttosto che a
quello. Io valuto quello che vedo con i fatti e quello che fanno. E’ un
dato: l’assessorato regionale da mesi non nomina il direttore generale
dell’Asp. Quindici giorni fa abbiamo fatto una nota ufficiale
con la quale abbiamo chiesto all’assessorato di nominare il direttore
generale perché ( e ancora non eravamo in periodo di coronavirus)
mettevamo l’accento che la precarietà con la quale questa
azienda sanitaria provinciale viene amministrata è un danno.
Perché un direttore facente funzioni è obbligato a gestire la quotidianità
e non ha una visione a lunga scadenza, non ha lo stimolo di
programmare, non è nelle condizioni di decidere. Ecco , una sanità
agrigentina in questo stato di cose è abbandonata a se stessa. Con
tutto l’aggravante delle cose di cui dicevo prima per l’assenza di
personale, alla mancanza di personale qualificato. Allora è chiaro
che Agrigento in questo momento viene scaricata dal centro regionale
perché non capisco le ragioni ma posso intuirle e non sarei onesto
non avendo elementi per provare a dire le cose che penso.
Qualcuno ha deciso che Agrigento non deve avere un direttore
generale all’Asp”.
Su questi vuoti si è espresso benissimo il caso tragico della giornalista
Loredana Guida che ha rappresentato una cartina di tornasole
per tutti, anche per la stampa.
“Si, c’è in questa provincia una sorta di pannello che copre un bel
sole, per tante ragioni. Quieto vivere, tengo famiglia e probabilmente
incide anche un tessuto sociale antieconomico, in grande difficoltà,
si, questo incide su tutto. Anche il mondo del giornalismo verso il
quale nutro grande rispetto, chiediamoci dove sono i grandi gruppi
editoriali che investono su questo versante, noi abbiamo tanti suoi
colleghi che davvero fanno fatica a mantenere questo lavoro e per
fortuna esistono tanti ragazzi di buona volontà che difficilmente
credo, arrivino a fine mese con uno stipendio decente. Però l’amore
per questo mestiere li porta ad essere presenti. E’ chiaro che le
inchieste presuppongono investimenti e poi ci sono le norme restrittive.
Mi chiedo come si fa una grande inchiesta se poi c’è la querela
facile e la minaccia della denuncia. Su questo versante non sarei
drastico sapendo però che ci sono “pezzi” che si devono assumere
la responsabilità. La Cgil per prima. Noi ci stiamo dentro in queste
cose che lei sollecita e ho fatto riferimento prima al 25 gennaio ma
posso ricordare che noi già dieci giorni fa abbiamo deciso come cartello
sociale di incontrarci per intestarci una battaglia per quanto
riguarda tutto quanto ruota attorno alla sanità agrigentina.
Purtroppo ci siamo dovuti fermare perché l’allarme sul coronavirus,
l’esigenza di non fare riunioni, abbiamo soprasseduto prima di
accendere i riflettori. Speriamo di attendere qualche settimana perché
sulla sanita accenderemo i riflettori con un cartello sociale e
faremo emergere tutte quelle criticità che creano grandi problemi al
pronto soccorso, al ricovero e scopriamo oggi tutto questo mondo
sul coronavirus”.
C’è un nuovo atteggiamento della Chiesa agrigentina con padre
Sorce e la pastorale diocesana. Cosa che mancava negli anni 70
quando il dissenso cattolico che voleva la Chiesa su posizioni di
maggiore trincea e che si esprimeva sull’Amico del popolo, fu
falciato costringendo poi un gruppo di preti a spretarsi. Guarda
caso proprio in questi giorni della scomparsa di padre Ernesto
Cardenal che fu costretto ad entrare come ministro nel governo
per difendere il popolo nicaraguense. Oggi per fortuna, padre
Sorce non affronta un governo sandinista e comunque c’è una
Chiesa diversa. Anche ad Agrigento.
“La vedo molto positiva la posizione della Chiesa agrigentina E’ una
esperienza che si ripete col cartello sociale. Abbiamo riscontrato in
padre Sorce qualità che vanno a completare i rapporti che il sindacato
ha con la gente, i lavoratori, i pensionati. Con tutto quello che
c’è nella Pastorale diocesana riusciamo a completare questa voglia,
questa fede , di giustizia sociale, di smuovere tutte quelle situazioni
che ad Agrigento sembrano impossibili da risolvere. Quando vent’anni
fa iniziai a fare sindacato mi sembrò tutto un letamaio da cui
uscire era difficile, mi accorgevo che persino per una banale pratica
si doveva parlare con tre-quattro persone ricorrendo a maniere
amicali e non del diritto. Una situazione dannata che ci portiamo
ancora dietro anche se riconosco che passi avanti ne abbiamo fatto.
Ma solo dal punto di vista del lavoratore ma non per la collettività.
Adesso la rinascita di questo cartello sociale credo sia importante
per le soluzioni richieste dalla sanità e in particolare per il pronto
soccorso. Manca oggi la rete nel territorio e dobbiamo creare una
rete di assistenza nei paesi”.
Per chiudere e riaprire con questo coronavirus che impedisce
baci e abbracci e altri cambiamenti della cui radicalità ci accorgeremo
a breve. Un coronavirus che rischia di modificare la
campagna elettorale. Come lo percepisce questo clima dove le
vecchie figure politiche credono di rinnovarsi inviando i loro
rampolli in consiglio comunale previa avvertenza “vai avanti tu
che a me viene da ridere”? Qualche mese fa proposi in una intervista
la possibilità per Agrigento di manifestare un gesto di lealtà
intellettuale e umana nei confronti dell’ex sindaco Zambuto
che si ricandida e che si era dimesso per un caso giudiziario che
poi lo vide assolto. Lei ritiene che Agrigento possa recuperare
questa onestà intellettuale o nel frattempo ci siamo troppo
imbarbariti?
“Non ho alcuna difficoltà perché non è la prima volta che lo dico,
Zambuto in quella circostanza è stato una persona perbene, perché
non aveva il dovere di dimettersi e altri sindaci hanno completato
il proprio mandato perché convinti che quell’accusa era
ingiusta. Zambuto ha ritenuto di fare un passo indietro. Allora
chi non lo fa spesso viene criticato e per chi lo fa si abbia almeno
la correttezza di dire che si è comportato da uomo delle istituzioni.
Poi un’altra cosa può essere il giudizio politico e come
ha governato. Per le prossime amministrative il problema si
pone. Questa vicenda di Zambuto l’ho sentita dire in diversi corridoi
e stanze dove è stato apprezzato quel gesto. Il guaio è che
questa città spesso dimentica il passato, le persone che hanno
fatto male a questa città, fatica a dare fiducia a chi si propone
per realizzare determinati obiettivi, c’è questa difficoltà. Non da
ora scopriamo che Agrigento è ultima in tutte le classifiche.
Tutto ha un fine se si continua così con la gente esasperata. Sono
finiti gli anni 80 quando c’erano impieghi alle Poste, alla Sip,
nelle ferrovie, insomma un posticino si trovava, oggi non c’è più
niente per nessuno. Oggi i cittadini pretendono le opportunità.
Quindi o la politica crea opportunità di sviluppo e di lavoro o verrà
calpestata dalla rabbia della gente”.
Nel lasciarci con questa speranza di cambiamento radicale
imposto dal democratico virus Corona, quale cambiamento
investirà il sindacato?
“Landini appena insediato ha detto il sindacato si fa strada, andiamo
in mezzo alla strada, apriamo le nostre porte. Ancora noi ci crediamo
nonostante le difficoltà. La distruzione economica crea problemi
anche a noi che dobbiamo reinventarci come stare nel territorio.
Riscopriamo i tanti volontari che si mettono a disposizione dei
lavoratori e tutti insieme diamo quella spinta a chi ha potere politico
per decidere le scelte e le risposte da dare ai cittadini”.