“I dati che ci consegna il rapporto curato da Migrates intitolato “Italiani nel Mondo” – dice Massimo RASO, Segretario Generale della CGIL Agrigento – sono una radiografia di un fenomeno che, dalle nostre parti, misuriamo empiricamente: nessuna sorpresa nel vedere che Aragona, Licata, Favara e molti altri paesi della nostra provincia occupino stabilmente le prime posizioni di questa graduatoria”
“Nei nostri paesi, questo esodo, questa fuga dei giovani insieme a quella “dei cervelli” sono cose che si notano con lo spopolamento fisico delle piazze e dei luoghi di ritrovo.
Sono circa 10 mila Sicilia, per lo più giovani tra 18 e 34 anni, che vanno ad ingrandire una lista, quella dell’AIRE, che in parte è il portato di una storia lunga che ci portiamo dagli anni 50 e 60 ma che è continuata fino ai giorni nostri.
All’migrazione tradizionale quindi, si viene a sommare quella giovanile che ha caratteristiche diverse, trattandosi di giovani altamente scolarizzati.
Spesso Giovani che hanno già studiato fuori dalla Sicilia e che continuano questo abbandono trasferendosi all’estero.
Le caratteristiche sono diverse, ma uguale la motivazione: cercare altrove la propria realizzazione lavorativa e professionale, la triste presa d’atto che qui non vi sono le condizioni per questa affermazione!
Qui resta il “lavoro povero” e quello precario, qui assistiamo all’esplosione de “voucher” e delle tante forme contrattuali non garantite e quelle formalmente garantite lo sono solo “di facciata” perché esteso è il fenomeno dell’estorsione sulla busta paga: questa è, purtroppo, la verità di tanti lavoratori delle nostre parti.
Fa rabbia costatare che questa provincia che ha questo triste primato ha anche il primato delle tante opportunità non colte o colte male e su cui è possibile innestare politiche di sviluppo: ricchezze storico culturali, naturali e paesaggistiche, minerarie, enogastronomiche.
Ma per cogliere queste opportunità, per trasformare le “vocazioni del territorio” in opportunità concrete di lavoro e di sviluppo occorrono governi che, ai vari livelli, abbiano questo come obiettivo. Mentre, fin qui, abbiamo avuto l’esatto contrario: Governi che a Roma e a Palermo hanno derubricato la “questione meridionale”.
Oggi tutti a ripararsi dietro il “patto per il Sud” e ai selfy con Renzi: Noi monitoreremo ogni singola opera finché non si trasforma in cantiere, ma quelle opere e quelle risorse non bastano anche perché non sono figlie di scelte strategiche e condivise con gli attori sociali ed economici del territorio, gli unici che possono determinare un reale cambiamento e sperare in una inversione di questo “esodo” che priverà questo Territorio delle sue migliori energie condannandola alla marginalità”